Trama di Terre è un’associazione interculturale di donne attiva dal 1997. Il suo obiettivo è accogliere e costruire relazioni tra donne native e migranti, promuovere i diritti di autodeterminazione di tutte e contrastare discriminazioni e violenza, in tutte le sue forme.
“E poi, come ha scritto nonna Rocìo in uno scontrino, ci sono tutti quelli che fanno quello che possono. Il mondo è fatto di persone che fanno quello che possono. E loro, in qualche modo, sono arte”. ― Sara Fruner, L’istante Largo.
L’Associazione Trama di Terre ringrazia tutti quelli che fanno quello che possono e che hanno permesso alla Fondazione il Fatto Quotidiano di raccogliere preziose risorse da destinare a donne che hanno intrapreso con dolore, fatica e fermezza un percorso di emancipazione dalla violenza.
Ringraziamo sentitamente Cinzia Monteverdi, per averci coinvolto in questo temerario progetto che mira a sostenere economicamente le donne in momentanea difficoltà.
La violenza maschile produce un elevato costo, non solo emotivo per chi è direttamente coinvolto, ma anche economico e sociale. Le donne costrette a lasciare la propria casa, la propria vita e le proprie abitudini, per il benessere psicofisico e la sicurezza, si ritrovano a dover (r)iniziare tutto da principio. Purtroppo lo Stato non sempre, anzi raramente, si manifesta in loro sostegno in modo repentino e adeguato, anche a livello economico.
Questo governo, silente su vere politiche a contrasto della violenza maschile e dei femminicidi, ha presentato la misura del Reddito di Libertà come una risposta alle conseguenze che produce la violenza maschile. Si tratta, però, di una risorsa mensile di 400 euro che non basta neppure a pagare l’affitto di un appartamento. E in molte regioni le risorse non saranno sufficienti per rispondere alle richieste.
Inoltre continuano a mancare risorse adeguate per Centri Antiviolenza, Case rifugio, formazioni ad operatrici/ori socio sanitari e legali. Questi sono gli attori fondamentali che lavorano ogni giorno affinché la violenza maschile venga intercettata, fermata e sanzionata senza che le donne subiscano vittimizzazione secondaria.
Eppure, ancora oggi, molte lavoratrici nei Centri Antiviolenza sono sottopagate o sostituite da attiviste volontarie e gli operatori/trici sono comunque insufficienti per garantire risposte efficienti. Gli interventi di prevenzione sono troppo spesso affidati alla volontà dei singoli più sensibili, o peggio a bandi annuali che non sono sempre garantiti. Sostanzialmente, non solo mancano a bilancio risorse che assicurino politiche integrate e programmate su lungo periodo, ma una politica di genere e trasversale che intervenga su temi come lavoro, casa, welfare e salute, con l’obiettivo di sradicare la radice della violenza maschile contro le donne: le discriminazioni secolari.
Lo Stato è quindi latitante, come lo è stato con la morte di Adelina Sejdini, abbandonata dai sostegni governativi dopo avere collaborato ad arrestare sfruttatori della prostituzione e morta suicida a Roma a novembre scorso. Lo Stato continua solo ad elargire briciole a noi donne che con la nostra pelle e con le nostre denunce, invece, diamo vita a un processo di emancipazione per l’intera società civile. A riempire il vuoto delle risorse destinateci dagli enti pubblici è arrivato l’appoggio della Fondazione il Fatto Quotidiano che ha riconosciuto il valore del lavoro dei Centri Antiviolenza, rispondendo con questa raccolta alle nostre richieste di più sostegno economico per le donne stesse.
“Il movimento civile ha dimostrato che quando l’uguaglianza viene garantita per legge ma i livelli di coscienza rimangono gli stessi, fatalmente dominio e oppressione finiscono per riaffermarsi e dell’uguaglianza non resta che l’apparenza.” ― bell hooks, Scrivere al buio
La politica deve assumersi la responsabilità della violenza economica e della povertà, per lo più vissuta dalle donne. Ci auguriamo che questo vostro gesto di solidarietà possa servire a riportare all’attenzione del governo la violenza economica agita nei confronti delle donne: una violenza usata dagli uomini maltrattanti, una violenza conseguente alle nostre denunce e una violenza istituzionale strutturata contro tutte le donne.
Abbiamo contribuito a costruire il progetto “Borse di autonomia” della Fondazione il Fatto Quotidiano perché riteniamo che a tale problema non si debba rispondere solo con forme di beneficenza, ma con politiche strutturate. Per questo motivo vi ringraziamo ancora, poiché non solo con il vostro impegno avete fornito nuove opportunità di vita ad alcune donne, ma soprattutto perché avete dato ai Centri Antiviolenza la possibilità di accendere i riflettori su una delle discriminazioni più ostativa all’autonomia, all’indipendenza e all’autodeterminazione delle donne.
Oggi, i migranti che transitano per la Val di Susa sono soprattutto famiglie in arrivo dalla rotta balcanica. Ci sono bambini, neonati e donne incinte, tutti esposti, senza mezzi adeguati, alle rigide temperature del luogo.
“Fermiamo il naufragio di civiltà”; “Finisca il rimbalzo di responsabilità”; “Paura e cinico disinteresse uccidono. È tragico che in Europa qualcuno la consideri una questione che non lo riguardi”; “Chiusure e nazionalismi portano a conseguenze disastrose”. Sono anche parole come queste, quelle di un grande uomo che si chiama Francesco, il nostro Papa, esempio di cristianità sia per i laici sia per i cattolici, a spingerci con la Fondazione del Fatto Quotidiano ad affrontare un nuovo progetto.
Siamo stati contattati dalla Croce Rossa Italiana di Val Susa perché la aiutassimo ad assistere i migranti. Dal 2017 la Valle di Susa, naturale corridoio di collegamento tra l’Italia e la Francia, vede il transito di migliaia di persone migranti che tentano di valicare le Alpi in cerca di un futuro migliore; provengono dalla rotta mediterranea o dalla via dei Balcani. Nel compiere questo viaggio si espongono a grandi rischi, specie nel periodo invernale: rischiano di morire di stenti e di freddo.
Il lavoro dei volontari della Croce Rossa Italiana è fondamentale. Hanno l’obiettivo di proteggere i migranti fornendo ogni giorno e ogni notte aiuto materiale (con coperte termiche e bevande calde), informazioni, possibilità di un ricovero notturno o di un intervento in caso di emergenza. Spesso si ritrovano ad assistere intere famiglie con bambini piccoli. E anche in questo caso – come per gli altri progetti che ha in corso la Fondazione, e per i quali in poco tempo abbiamo raggiunto i risultati sperati – vogliamo sottolineare il lavoro meraviglioso dei volontari. Che anche in Valle di Susa ogni giorno, ventiquattr’ore su ventiquattro, assistono persone nel tratto più difficile del loro percorso verso una vita migliore.
Oggi, i migranti che transitano per la Val di Susa sono soprattutto famiglie in arrivo dalla rotta balcanica. Ci sono bambini, neonati e donne incinte, tutti esposti, senza mezzi adeguati, alle rigide temperature del luogo.
Il Comitato CRI di Susa è un’articolazione territoriale della Croce Rossa Italiana che opera in Val di Susa dal 1998 e si occupa prevalentemente di attività sanitarie, di inclusione sociale e di risposta alle emergenze, supportando tutti coloro che si trovano in condizione di vulnerabilità, senza alcun tipo di distinzione.
Dal 2017, la Val di Susa, naturale corridoio di collegamento tra l’Italia e la Francia, vede il transito di migliaia di persone migranti che tentano di valicare le Alpi in cerca di un futuro migliore; provengono dalla rotta mediterranea o – sempre più spesso – dalla via dei Balcani. Tale fenomeno presenta molte criticità dovute alla morfologia del territorio e alle rigidissime temperature del
periodo invernale che rischiano di compromettere l’incolumità dei migranti stessi che nel compiere questo viaggio si espongono a grandi rischi.
Il lavoro dei Volontari della Croce Rossa Italiana è teso a portare aiuto e assistenza in favore di queste persone, con l’obiettivo di proteggere la loro vita fornendo ogni giorno e ogni notte aiuto materiale (con coperte termiche, pasti e bevande calde), informazioni, possibilità di un ricovero notturno e intervento in caso di emergenza.
Lesioni di quarto grado in uno dei migranti soccorsi dalla CRI.
NON C’È TEMPO DA PERDERE
Un congelamento severo può provocare la distruzione dei tessuti cutanei e dei vasi sanguigni sottostanti compromettendo in modo definitivo la funzionalità dell’area coinvolta.
FORNITURA MENSILE #1 | 5.000 EURO
Kit di assistenza
Croce Rossa Italiana – Comitato di Susa da assistenza ogni mese a oltre 1.000 migranti al confine alpino Italia/Francia. Si tratta di persone in transito, spesso famiglie con bambini, che affrontano un percorso molto difficile, soprattutto nel periodo invernale.
La Fondazione vuole supportare Croce Rossa Italiana con la donazione di 500 kit di assistenza comprensivi di coperta termica, mascherine chirurgiche, gel lavamani, acqua, barrette energetiche, scaldamani/piedi e poncho antipioggia al costo di 10,00 euro a kit, per un totale di 5.000 euro.
Croce Rossa Italiana – Comitato di Susa da assistenza ogni mese a oltre 1.000 migranti al confine alpino Italia/Francia. Si tratta di persone in transito, spesso famiglie con bambini, che affrontano un percorso molto difficile, soprattutto nel periodo invernale.
La Fondazione vuole supportare Croce Rossa Italiana con la donazione di 1.000 pasti/bevande autoriscaldanti al costo di 5,00 euro per ogni pasto, per un totale di 5.000 euro.
Scrivere un articolo per la giornata internazionale contro la violenza sulle donne è particolarmente difficile per me. Soprattutto in questo periodo storico, in cui leggiamo ogni giorno di brutali femminicidi, spesso accompagnati oltretutto dalla violenza sui bambini.
Perché la ferocia con cui vengono colpite le donne è talmente alta che le si uccidono anche i figli. Difficile rimanere lucide dopo aver letto, ad esempio, della strage di Sassuolo accaduta i giorni scorsi: due donne e due bambini, uno di 5 anni e l’altro di due, tutti accoltellati. La rabbia mi porta a pensare “menomale che si è ucciso anche lui”. Mi dispiace, certamente non sarà un approccio cristiano il mio perchè la violenza non si annienta con la rabbia. Allora in questa giornata ho deciso di pensare solo alle iniziative che mirano a migliorare le cose, e alle associazioni che svolgono un lavoro importantissimo per aiutare le donne che scappano dalle violenze nelle mura domestiche. Noi, con la Fondazione Umanitaria il Fatto Quotidiano, siamo partiti da pochissimo scegliendo di aiutare Trama di terre, onlus di Imola che si occupa proprio di aiutare le donne sopravvissute che scappano per cercare faticosamente di ricominciare a vivere senza paura. In sole due settimane, grazie a tutti coloro che ci hanno sostenuto, abbiamo già raggiunto ottimi risultati e potremo presto consegnare i fondi raccolti per aiutare queste giovani ragazze che devono rifarsi una vita autonomamente con moltissime difficoltà, comprese quelle economiche. Questi aiuti, che abbiamo chiamato “borse di autonomia”, possono sembrare poca cosa rispetto agli innumerevoli casi che gridano aiuto. Ma è comunque una grande soddisfazione che rende un po’ più leggero quel senso di impotenza che si prova quando leggiamo quelle notizie terribili. Queste iniziative devono moltiplicarsi soprattutto per incoraggiare le donne che non hanno il coraggio di scappare perché hanno paura, e si sentono umiliate e senza una via di fuga. Devono denunciare, e avere la certezza che non sono sole. Che qualcuno le aiuterà.
Nella giornata internazionale del 25 novembre, la Fondazione il Fatto Quotidiano racconta il suo impegno contro la violenza sulle donne.
Costituita a settembre, la Fondazione è nata con l’obiettivo di affiancare alle parole i fatti promuovendo progetti umanitari per le fasce più deboli, in collaborazione con associazioni che già operano sul territorio. Come Trama di Terre, onlus in prima linea da oltre 24 anni nell’accoglienza delle donne sopravvissute alla violenza maschile per la quale la Fondazione ha aperto una raccolta per finanziare borse di autonomia per le donne e le giovani ragazze che si stanno ricostruendo una nuova vita. Ne discutono, alle 12 in diretta sulla pagina Facebook del Fatto Quotidiano e su ilfattoquotidiano.it, Cinzia Monteverdi, presidente e AD di SEIF e della Fondazione, Maddalena Oliva, vicedirettrice del Fatto Quotidiano, e Martina Castigliani, giornalista del fattoquotidiano.it e membro del comitato di indirizzo della Fondazione.
Yvette Samnick è una delle operatrici dell’associazione Trama di Terre, la onlus che da oltre 24 anni si occupa dell’accoglienza delle donne, native e migranti, sopravvissute alla violenza maschile e con la quale la Fondazione il Fatto Quotidiano ha lanciato le “borse di autonomia” per permettere alle giovani ragazze in fuga di emanciparsi e autodeterminarsi.
Samnick ha voluto raccontare la sua storia – di cui pubblichiamo solo un estratto – a Martina Castigliani sul fattoquotidiano.it in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Nata in Camerun, è arrivata in Italia con una borsa di studio per l’Università della Calabria ad Arcavacata di Rende dove si è laureata in Scienze politiche. Lì ha conosciuto un uomo di cui si è innamorata ma che, subito dopo la gravidanza, l’ha resa vittima di violenze fisiche e psicologiche. Finché non è riuscita ad andarsene e denunciare. Ma non tutte ci riescono e, soprattutto, il peggio inizia dopo. Per questo, dice, è urgente che si mettano in campo meccanismi di protezione subito dopo la denuncia, e i centri antiviolenza sono fondamentali.
Stiamo sbagliando il modo in cui raccontiamo la violenza contro le donne?
Io per oggi ho rifiutato tutte le interviste. È tipico della cultura patriarcale: mi cercano perché vogliono ascoltare la donna vittima che si lamenta. Ma io sono stufa, non voglio essere vista così. Ho già pianto abbastanza.
E come vuole essere vista? Non serve a niente che racconti quanti schiaffi ho ricevuto, perché chiunque ha sentito parlare di violenza fisica sa di cosa si tratta. Voglio invece ragionare su quello che ho vissuto, su dove sono arrivata e i percorsi che ho fatto con i centri antiviolenza. Queste sono riflessioni che possono interessare le donne che vivono la mia stessa situazione.
Partiamo dall’inizio. Come si finisce in una storia violenta? Le dinamiche della violenza in un rapporto affettivo iniziano dal primo giorno, dal primo secondo che incontri l’uomo maltrattante. Possibile che sia così presto? Sono segnali impercettibili. Quando penso alla mia storia, so che sono iniziati fin dal primo giorno e io non ero attenta.
Gli ospiti di Pane Quotidiano sono cambiati profondamente negli anni. Oggi ci sono moltissimi anziani che non riescono ad arrivare a fine mese e che, con dignità, si mettono in fila ogni giorno per ricevere un aiuto.
Pane Quotidiano è un’Associazione laica, apartitica e senza scopo di lucro, fondata a Milano nel 1898, con l’obiettivo di assicurare cibo, ogni giorno, gratuitamente, alle fasce più povere della popolazione e a chiunque versi in stato di bisogno e vulnerabilità, senza alcun tipo di distinzione.
L’idea, semplice ma rivoluzionaria, che ha animato questa associazione sin dalla sua nascita è che il pane non debba mai mancare a nessuno e pertanto la sua distribuzione gratuita non sia un atto di carità, ma di responsabilità. Da allora Pane Quotidiano porta avanti questo impegno e ha integrato all’interno della distribuzione anche altri alimenti come latte e yogurt, formaggi, salumi, pasta, riso, frutta, verdura e dolciumi. Nelle due sedi milanesi del Pane Quotidiano, grazie al preziosissimo contributo dei volontari e al sostegno dei donatori, ogni giorno vengono donate razioni alimentari a chi ne ha bisogno, senza alcun tipo di distinzione e nel pieno rispetto di un motto ormai secolare, allora concepito per la tutela e la salvaguardia della dignità degli ospiti:
“Sorella, fratello, nessuno qui ti domanderà chi sei, né perché hai bisogno, né quali sono le tue opinioni”.
FORNITURA #1 | 10.500 euro
Fornitura mensile di sacchetti
Pane Quotidiano fornisce supporto alimentare a più di 3.000 persone al giorno. I sacchetti per il trasporto di alimenti e generi di prima necessità costituiscono uno dei bisogni principali dell’associazione: ogni anno ne vengono usati circa 1.800.000.
La Fondazione vuole supportare Pane Quotidiano con la donazione di 150.000 sacchetti, fabbisogno di 1 mese. Al costo di 7 centesimi a sacchetto, un totale di 10.500 €.
Oltre ai prodotti alimentari, Pane Quotidiano distribuisce ogni giorno anche generi di prima necessità, tra cui i pannoloni. Ne conosciamo tutti il costo e sappiamo che molte persone che ne avrebbero bisogno non possono permetterseli.
La Fondazione vuole supportare Pane Quotidiano con la donazione di 300 pacchi di pannoloni. Al costo di 20 euro al pacco, un totale di 6.000 €.
Se cercate delle facce a cui affezionarvi, non possiamo darvele. Le donne che aiutiamo hanno nuove identità e noi, prima di tutto, abbiamo il dovere di proteggerle.
Costituita a Imola nel 1997, l’associazione Trama di Terre è in prima linea da oltre 24 anni nell’accoglienza delle donne, native e migranti, sopravvissute alla violenza maschile. È stata la prima realtà in Italia ad occuparsi di ragazze in fuga da matrimoni forzati e di violenze legate all’onore, con un approccio interculturale di genere.
Trama di Terre collabora con diversi centri antiviolenza in Italia e con i servizi sociali territoriali: è uno spazio sicuro, dove si sostengono le donne che intraprendono un percorso di emancipazione dalla violenza maschile, per permettere loro di vivere la propria autonomia e autodeterminarsi.
L’associazione gestisce diversi progetti: appartamenti di alta autonomia per donne in difficoltà economica, il Centro Interculturale delle Donne, il Centro Antiviolenza e il Progetto Rifugiate, per l’accoglienza di richiedenti asilo, con particolare attenzione alle violenze di genere subite nel Paese d’origine, durante e dopo l’arrivo nel nostro Paese.
L’idea che ha guidato l’associazione fin dalla sua nascita è stata trovare un luogo di condivisione fra donne di diverse età e provenienze (geografiche, culturali, sociali), per lottare l’una accanto all’altra per i diritti di tutte. All’ingresso di Trama di Terre, su uno dei tanti cartelloni colorati, si legge una scritta: “Possono tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno mai la primavera”.
La nostra Fondazione per Trama di Terre
Immagina di dover mollare tutto, sparire in meno di 24 ore e che sia necessario per sopravvivere. Immagina di dover ricominciare da zero in una nuova città. Un posto sconosciuto, dove ancora non sei niente. Cambiare nome, pettinatura, modo di vestire. Cercare di nasconderti nei dettagli, anche se nessun travestimento sarà sufficiente per metterti al sicuro. Immagina di sapere che, in ogni istante, la tua vita passata può tornare a cercarti. Preparati al peggio: alla paura, alla voglia di tornare indietro e alla solitudine. E soprattutto, a una delle sfide più difficili: ricostruirti.
In Italia ci sono decine di donne che fuggono ogni giorno dalle violenze di padri, fidanzati, mariti, fratelli: sono sopravvissute che vivono nell’ombra come i testimoni di giustizia, solo che lo fanno senza scorta e senza protezioni. A parole siamo tutti contro la violenza di genere: lo sono i politici di ogni schieramento, lo è chi ci governa. Ma quando è il momento di sostenere le donne nella vita quotidiana, perché la loro libertà diventi stabile e sicura, i potenti spariscono tutti. Eppure la lotta di una donna che scappa dalle violenze, non finisce nel momento della fuga. Essere libere è una scelta, ma non basta. Serve una rete che ti supporti e soprattutto servono i mezzi economici per poter raggiungere l’indipendenza ogni giorno.
Per questo la Fondazione il Fatto Quotidiano, in collaborazione con l’associazione Trama di Terre, ha deciso di lanciare una campagna: vogliamo finanziare borse di autonomia per le donne e le giovani ragazze che si stanno ricostruendo una nuova vita. Ogni borsa, dell’ammontare di 5mila euro, sarà destinata a obiettivi concreti: pagare un corso di formazione professionale o l’esame per la patente, coprire parte dell’affitto o le spese durante gli studi all’università, finanziare l’arredamento di un monolocale, acquistare una macchina o un motorino.
Vi state chiedendo se questi soldi cambiano la vita? Sì. Sono boccate d’ossigeno per chi parte dal nulla, si sta emancipando dalla violenza e cerca di autodeterminarsi.
“Possono tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno mai la primavera”
L’INCONTRO
Non possiamo dirvi molto, ma sappiate che queste donne le abbiamo incontrate tutte di persona per chiedere loro di cosa avessero più bisogno.
Chi vogliamo sostenere
Dietro ogni borsa, c’è una storia. Ma noi non ve la diremo. Se cercate delle facce a cui affezionarvi, non possiamo darvele. Se volete episodi raccontati nei dettagli, non li avrete. Le donne che chiedono aiuto stanno ricominciando lontano dalle loro famiglie, hanno nuove identità e nuove vite e noi, prima di tutto, abbiamo il dovere di proteggerle. Se ti chiedi chi sono, sappi che una di loro, molto probabilmente, l’hai incontrata oggi al supermercato. Era con te in coda alle poste. Aspettava l’uscita dei figli nel cortile della scuola, proprio al tuo fianco. Era in bicicletta, ferma al semaforo, accanto alla tua macchina. O al bar a ordinare un caffè, in attesa di entrare in classe. Viviamo nelle stesse città, frequentiamo le stesse scuole e gli stessi luoghi di lavoro: hanno bisogno di sostegno e troppo spesso nemmeno possono chiederlo. I nomi sono importanti: ne hanno uno vero, rimasto solo sui documenti, e uno che usano per la nuova vita. Non vogliamo mentirvi e non vi diremo nessuno dei due.
Una di loro ha 22 anni. Di notte studia per gli esami all’università e di giorno fa la commessa in un negozio di vestiti nel centro di una città che dobbiamo tenere segreta. Pochi mesi fa ha detto No a un matrimonio forzato e ha dovuto abbandonare la sua famiglia, perché rifiutare il destino che le avevano scelto non era un’opzione accettabile. Né per la sua mamma, né per il suo papà. Finora aveva sempre detto Sì: al velo imposto contro la sua volontà, alle uscite ridotte al minimo, alle sgridate perché studiava troppo e si occupava poco della casa. Aveva detto Sì anche alle violenze: perché essere picchiata, quando la stessa sorte tocca a tutte le donne di casa, ti sembra parte della normalità. Ha detto un solo No: ha chiesto di poter sposare chi ama e così facendo ha disubbidito all’unica regola intoccabile, quella dell’onore. Per questo ha dovuto lasciare tutto. Ora vuole farcela, a pagarsi gli studi e a vivere da sola, ma quando le spese sono troppe vorrebbe solo alzare il telefono e chiedere aiuto alla famiglia. Che altro dovrebbe fare? Diciamo a queste ragazze di scappare, ma poi a fatica offriamo soluzioni concrete per tenerle in salvo. Lei rischia la vita se torna indietro, ma a volte si sente così sola che mollare tutto sembra l’unica opzione.
Borsa di autonomia #1 | 5.000 EURO
Contributo affitto e costi universitari
M. scrive: “Ho tanti sogni per la mia nuova vita, ma purtroppo i soldi del mio lavoro non bastano. Per riuscire a continuare l’università, avrei bisogno di un contributo per l’affitto e per tutte le spese legate ai miei studi. È una catena: se non studio e non ho una qualifica non potrò mai aspirare a un buon lavoro e sarò sempre in affanno. Ci sto provando ad andare avanti da sola, ma so che prima di tutto devo essere autonoma economicamente”.
Un’altra ragazza di anni ne ha trenta compiuti. Fa la cameriera in un ristorante mentre il figlio più piccolo è all’asilo nido. Lavora poche ore, non sempre lo stipendio è sufficiente per portare qualcosa a tavola, sia a pranzo che a cena. Se potesse essere più autonoma negli spostamenti potrebbe cambiare lavoro, essere meno vincolata agli orari di scuola del piccolo, e guadagnare meglio. Basterebbe poter studiare per la patente del motorino o anche solo avere una bicicletta elettrica: per il momento sarebbe già qualcosa. Nella vita di prima, suo marito non voleva che uscisse mai di casa: neanche per una passeggiata, neppure per fare la spesa. Doveva stare rinchiusa e ogni volta che faceva sentire la sua voce, veniva picchiata. Le botte e gli abusi sono andati avanti per molti anni, finché un giorno ha chiesto aiuto a una persona che ha fatto una domanda in più degli altri. Non vi diremo chi è, ma quella domanda, quella che molto spesso noi in situazioni simili non abbiamo fatto, le ha salvato la vita. Ora è ripartita da zero e quando suo figlio piange perché ha fame, non sempre riesce a pensare di essere sulla strada giusta. Ecco perché ha ancora bisogno di sostegno.
Borsa di autonomia #2 | 5.000 EURO
Contributo patente e acquisto auto usata
F. scrive: “Se avessi un piccolo aiuto, una delle cose di cui avrei bisogno ora è la patente. Anche se, per il momento, non posso permettermi un’auto, potrei scrivere nel mio curriculum che so guidare. E così avrei più chance per un buon lavoro. Poi piano piano risparmierò per avere una macchina tutta mia”.
Non possiamo dirvi molto, ma sappiate che queste donne le abbiamo incontrate una a una e, prima di lanciare la campagna, abbiamo chiesto loro di cosa avessero più bisogno. Le donne che ci impegniamo a sostenere vivono in Italia, dal Trentino-Alto Adige alla Sicilia. La maggior parte sono state accolte in case rifugio subito dopo la fuga dalla violenza, ma il periodo di copertura è terminato e il percorso di uscita dalle strutture è molto difficile. Immagina di essere riuscita a scappare, tagliare i ponti e ripartire. Poi immagina di rischiare di perdere tutto perché i soldi per essere libera non sono abbastanza. Significa veder crollare la tua vita, di nuovo. Ecco perché abbiamo deciso di far partire questa campagna e perché ci rivolgiamo a voi.
Borsa di autonomia #3 | 5.000 EURO
Contributo affitto e corso mediatrice
R. scrive: “Ho un desiderio: diventare una mediatrice culturale. Ora che sono libera e posso finalmente pensare al futuro, vorrei fare un lavoro che mi permetta di aiutare le altre donne. Purtroppo, però, il corso costa troppo e non me lo posso permettere. A bloccarmi stavolta sono i pochi soldi”.
Sappiate che quello che vi chiediamo è molto di più di un sostegno economico: vi chiediamo di adottare questo progetto, di appassionarvi come noi lo abbiamo fatto, anche se non ci saranno foto da esibire o risultati da rivendicare pubblicamente. Preparatevi perché non sarà come per le adozioni a distanza o gli altri progetti benefici: purtroppo non ci saranno selfie da postare su Facebook per ogni versamento, perché quel selfie nessuna delle persone che aiuteremo può permetterselo. Non a cuor leggero. Noi però, vi proponiamo di essere parte di qualcosa di molto più grande: vi chiediamo di ascoltare le richieste di aiuto di queste donne, rispettarne le voci e i tempi. Di diventare loro alleate e alleati. Il vostro gesto, grande o piccolo, avrà un impatto dirompente: non solo aiuterà a mettere un tassello in più in un processo di indipendenza lungo e faticoso, ma dimostrerà anche che siamo in tanti a credere nel diritto alla loro libertà. E che, anche se queste donne per ora non possono farsi vedere, siamo in tanti a volerci schierare al loro fianco.
Borsa di autonomia #4 | 5.000 EURO
Contributo arredamento casa
L. scrive: “Sto lottando per essere libera, ma non è facile. Se potessi avere questo contributo, lo userei per arredare la mia prima casa. Ho un lavoro che per il momento mi permette di coprire solo cibo e affitto, ma non ho soldi per l’arredamento. Mi manca tutto: la cucina, un piccolo tavolo, il letto. Dopo anni di fatiche, una casa dignitosa rappresenterebbe un traguardo davvero importante per la mia autonomia”.
T. scrive: “Per mettermi in salvo sono scappata dalla mia città e ora vivo con il mio bambino in un luogo protetto. Ho trovato un lavoro, ma per riuscire a incastrare gli orari con quelli dell’asilo avrei bisogno di una macchina. I soldi che guadagno bastano appena per cibo e affitto. Avere un’auto farebbe la differenza”.